Limitazioni e divieti imposti ai cittadini ebrei dal governo Mussolini
in merito ai soggiorni di vacanza o cura, a partire dal 1939

Telegramma del 22 agosto 1940 al Ministero dell’Interno da parte di un ispettore generale di Pubblica Sicurezza. ACS (Archivio Centrale dello Stato), Segreteria particolare del Duce, carteggio riservato, corrispondenza, b. 146.
Nel periodo di vigenza delle leggi razziali, uno dei provvedimenti persecutori riguarda l’accesso ai luoghi di cura e soggiorno: spiagge, stazioni termali e località montane.
Con severa puntigliosità vengono stabiliti permessi e divieti per gli ebrei che intendano fruire di cure mediche o di semplice riposo.
Mediante decisioni altalenanti e discutibili si stila anzitutto l’elenco delle località assolutamente vietate a chi ha «sangue semita», le cosiddette spiagge di lusso, poi la lista di quelle consentite ma con rigorosi limiti: permesso della questura, certificato dell’ufficiale sanitario provinciale, permanenza ridotta a un massimo di quindici giorni, pene per i trasgressori.
Le ispezioni sui litorali e negli alberghi, dove l’annotazione sull’appartenenza razziale dei clienti è obbligatoria, sono continue.
Spiagge vietate agli ebrei
Elenco stilato dal Ministero della cultura popolare e del turismo (stralcio)
Mar Adriatico
Abbazia, Laurana e Portorose (in Istria, che dal 1920 al 1945 fa parte
del Regno d’Italia), Grado, Venezia compreso il Lido, Cervia,
Cesenatico, Rimini, Riccione, Cattolica, Senigallia.
Mar Tirreno/Ligure
Viareggio, Camaiore, Pietrasanta, Forte dei Marmi, Rapallo,
Santa Margherita Ligure, Varazze, Celle Ligure, Spotorno,
Alassio, San Remo, Bordighera.
LM/AM